Il contratto a tutele crescenti: cosa prevede, quando entrerà in vigore

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Il contratto a tutele crescenti è stato introdotto dalla recente approvazione definitiva del Jobs Act: ecco cosa prevede e quando entrerà in vigore.

Il cosiddetto contratto a tutele crescenti introdotto dal Jobs Act, la riforma del lavoro voluta dal Governo Renzi, avrebbe dovuto entrare in vigore ufficialmente il 1° marzo 2015, ma dei decreti attuativi approvati dal Consiglio dei Ministri in data 20 febbraio 2015 non c’è ancora traccia in Gazzetta Ufficiale.

Un mezzo giallo, insomma, su cui il Governo si guarda bene dall’intervenire nelle ultime ore ma che lascia spazio a voci ed illazioni su possibili modifiche del testo finale, in particolare per quanto riguarda le norme più contestate, quelle relative appunto al già citato contratto contenute nello schema del decreto attuativo del Jobs Act, approvato lo scorso 20 febbraio.

Va rilevato comunque, che il contratto a tutele crescenti non è una nuova fattispecie giuridica: il contratto di riferimento resta quello a tempo indeterminato, ma cambiano le tutele per i nuovi assunti, drasticamente ridotte. Di fatto è quindi improprio parlare di tutele crescenti, mentre è più corretto rilevare il superamento definitivo dell’articolo 18 della Legge 300 del 1970, lo Statuto dei Lavoratori, del concetto di reintegro ed in definitiva di indennizzo crescente.

Novità del contratto a tutele crescenti

La vera novità del contratto a tutele crescenti è infatti la sostituzione, per i neoassunti, dell’obbligo di reintegro in caso di licenziamento illegittimo, con l’indennizzo di natura economica, proporzionale all’anzianità di servizio, cioè via via più elevato da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità (per questo si parla di tutele crescenti). Si tratta di una norma che verrà applicata sia ai licenziamenti individuali che a quelli collettivi.

Obbligo di reintegro

E’ utile precisare che l’obbligo di reintegro non viene del tutto cancellato, ma resta per i licenziamenti discriminatori (così riconosciuti da un Giudice), per quelli orali e per quelli disciplinari basati su un fatto giudicato poi inesistente in fase processuale.

Ove non previsto il reintegro, in caso di licenziamento individuale ingiustificato è prevista l’estinzione del contratto ed il risarcimento economico in rapporto alla durata del contratto che oscilla tra le 4 e le 24 mensilità, da 2 a 12 se si tratta di violazione procedimentale. Il datore di lavoro, per evitare il passaggio del Giudice del lavoro, potrà fare un’offerta economica al lavoratore, da 2 a 18 mensilità di retribuzione, e risolvere in questo modo il rapporto contrattuale.

Nel caso dei licenziamenti collettivi, come detto, con le nuove norme solo il licenziamento comunicato oralmente e giudicato illegittimo o nullo comporterà il reintegro. Nel resto dei casi di licenziamento illegittimo il rapporto di lavoro si estinguerà e comporterà solo l’erogazione di una indennità in misura variabile da 4 a 24 mensilità.

Quando entrerà in vigore?

Il nuovo regime risarcitorio sarà applicato alle nuove assunzioni di dipendenti privati, esclusi i dirigenti, decorrenti dalla data di entrata in vigore del decreto: quindi di fatto, ad oggi, non è ancora in vigore.

Normativa di riferimento

La normativa di riferimento del contratto a tutele crescenti resta quella relativa al contratto a tempo indeterminato perché, come detto, non si tratta di una nuova tipologia contrattuale. Quindi, oltre alla Legge 183 del 10 dicembre 2014 (il “Jobs Act”) ed i suoi decreti attuativi una volta pubblicati in Gazzetta Ufficiale, occorre fare ancora riferimento alle seguenti norme: D. Lgs 368/2001; D.Lgs. 61/2000; Codice Civile articoli 2096, 2118, 2119 e 2152.

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Giornalista freelance, blogger e scrittore, inizia a collaborare a Lavoro e Carriere nel lontano 1999. Oggi è coordinatore editoriale della testata.

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