In Italia ci sono quasi 3 milioni di disoccupati, ma 76mila posti di lavoro restano scoperti

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Oggi parliamo di un dato che fa molto discutere: in Italia, nonostante i quasi 3 milioni di disoccupati, ci sono 76mila posti di lavoro (nel 2015) che restano vacanti.

Sono 76mila i profili professionali che le imprese dell’industria e dei servizi cercano ma non trovano. Lo dice l’istantanea sul mercato del lavoro e sulle previsioni di assunzione del settore privato per il 2015, scattata da Unioncamere e Ministero del Lavoro, rielaborando i dati del Sistema informativo Excelsior. Presentata oggi in anteprima a JOB&Orienta, il salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro, fino a sabato 28 alla fiera di Verona, l’indagine evidenzia come il gap si concentri in particolare nell’ambito della Net economy e dell’Industria 4.0.
La difficoltà di reperimento di personale rappresenta “solo” il 10,6% delle 722mila assunzioni (stagionali e non stagionali) che le imprese hanno programmato di effettuare entro il 2015 (era il 30% prima della crisi del 2008). La percentuale – che nel 2014 si attestava a quota 10% – registra dunque una lieve crescita. Da un lato questa è dovuta all’aumento delle assunzioni totali preventivate per l’anno in corso, dall’altro lato, la lieve risalita espressa da questi 0,6 punti è da attribuirsi all’innalzamento della quota dei laureati “ricercati”, che sulle 722mila assunzioni in programma pesa ora per l’11,5% (+16mila unità rispetto all’anno precedente).

In Lombardia mancano ingegneri

Quest’ultimo incremento contribuisce in maniera importante al mismatch fra domanda e offerta di lavoro che continua a persistere nel nostro Paese, e soprattutto restituisce l’immagine di alcune aree territoriali fra quelle a maggior tasso di sviluppo caratterizzate da una carenza di candidati in possesso dello specifico titolo di studio richiesto.

Il collo di bottiglia che genera questo tipo di disallineamento è da individuarsi anche nel sistema di orientamento che, in particolare per le lauree, non raggiunge in maniera adeguata giovani e famiglie.
A livello quantitativo il disallineamento dovuto al nodo dell’orientamento, che produce di fatto una ridotta disponibilità sul mercato del lavoro di specifici titoli di studio, interessa soprattutto i laureati: fra questi, l’incidenza delle assunzioni di difficile reperimento arriva al 22,3%. Mancano, soprattutto in Lombardia, “dottori” in ingegneria, statistica e materie scientifiche.

Sul totale dei diplomati che le imprese hanno in animo di inserire nel proprio organico, risulta complicato trovarne il 10%; infine, guardando alla programmazione delle assunzioni di coloro che hanno conseguito una qualifica professionale, il peso di quanti mancano all’appello delle imprese conta per il 9,1%. Nonostante, rispetto a quella dei laureati, la quota degli “introvabili” in queste due componenti sia relativamente inferiore, alcuni indirizzi registrano difficoltà di reperimento con picchi degni di nota: fra i diplomati la media si alza nel caso dell’indirizzo telecomunicazioni (20,4%, pari a 150 delle 760 unità programmate), dell’indirizzo informatico (19,1%, ossia 970 unità delle 5.060) e dell’indirizzo grafico-pubblicitario (18,8%, ossia 230 delle 1.230 assunzioni previste); tra i candidati con qualifica di formazione professionale, invece, i problemi maggiori nel reperimento si riscontrano negli indirizzi tessile, abbigliamento e moda, arrivando a riguardare quasi un’assunzione su tre di quelle programmate, mentre si attestano intorno a una su sei nel caso dell’indirizzo legno-mobile-arredo e di quello elettrotecnico.

Guardando a questo nodo dalla prospettiva dei profili professionali più cercati ma segnalati dalle aziende come difficili da trovare per carenza di offerta, troviamo nell’ordine analisti di procedure informatiche (2.110 i ricercati, la metà dei quali introvabili), progettisti di impianti per l’automazione industriale (670 totali, 210 di difficile reperimento), quindi i tecnici specialisti di applicazioni informatiche (3.130, 540 dei quali ritenuti difficili da reperire). Ed è ancora una volta la Lombardia, cuore pulsante della net economy e dell’industria 4.0, la regione che lamenta maggiormente l’assenza di ingegneri e maghi della rete (con diplomi e qualifiche professionali nel settore informatico, dai programmatori, ai grafici, ai comunicatori digitali).
L’unica professione di questa classifica non destinata a laureati in ingegneria ma comunque contraddistinta da una difficoltà di reperimento superiore alla media, è quella di consulente di gestione aziendale, aperta ai dottori in scienze economiche: 2.070 le assunzioni programmate, per 300 delle quali si segnalano problematicità.

Serve orientamento

I dati Excelsior, del resto, mostrano che, se per alcuni profili di laureati esiste un disallineamento riconducibile all’inadeguatezza dell’orientamento, per i diplomati il problema principale rilevato dalle imprese si concentra prevalentemente sulle competenze, ritenute insufficienti o perché il percorso formativo non risulta adeguato alle necessità del sistema produttivo, o perché per lo svolgimento della professione è considerata fondamentale anche un’esperienza acquisita precedentemente sul posto di lavoro, magari attraverso uno stage. Il gap è particolarmente segnalato in Lombardia.
Adducendo queste motivazioni, le imprese motivano la difficoltà a reperire le seguenti figure professionali destinate a quanti hanno un titolo di scuola superiore: 750 dei 1.450 addetti alla riscossione crediti, 440 dei quasi 2mila installatori e montatori di macchinari e impianti industriali, 190 degli 870 addetti agli stipendi e paghe, 220 dei 1.170 tecnici elettronici e 560 dei 4.240 conduttori di macchine utensili industriali. Tre principalmente i canali utilizzati dalle imprese per scovare questi lavoratori: gli operatori professionali, le banche dati aziendali, la conoscenza diretta.

Autore

Redazione

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